Quando Gutenberg, a sei anni, inventò la stampa

Preambolo stupido: Quando ormai più di quattro anni fa finii l’università, decisi che pur di stare lontana da quell’arido mondo accademico avrei rinunciato a una tra le mie più grandi passioni: i manoscritti, la carte d’archivio, il vecchiume. Più tutti mi spingevano verso il dottorato, più io facevo ciao ciao con la manina camminando all’indietro.

Eppure la vita a volte è bizzarra, e nelle ultime settimane per lavoro mi sono trovata di nuovo a mettere le mani in un archivio storico, in questo caso quello del Giornale della libreria, uno tra i posti dove lavoro. Fondato nel 1888, il Giornale fin subito si propose come punto di riferimento d’informazione per chi lavora nell’universo editoriale: case editrici, librerie, tipografi e così via. Sto, quindi, curando una serie di articoli con cadenza settimanale (procedendo dal 1888 in avanti), alla scoperta dei numeri storici: una galleria di immagini delle pubblicità dei libri dell’epoca più belle e più curiose, cercando di contestualizzare titoli e illustrazioni. Se vi interessa, qui potete trovare tutto tra i miei ultimi articoli pubblicati.

Devo dire che sto scovando delle chicche davvero meravigliose. Alcuni brevi articoletti di curiosità sul mondo editoriale che mi lasciano quella gioia che soltanto un collezionista può capire. E quindi ogni tanto avrò qualche aneddoto da raccontarvi, come questo.

Collage con ritratto di Gutenberg

Un seienne dalle idee chiare

Il primo articoletto che cattura la mia attenzione riporta una curiosità, un piccolo aneddoto sul Gutenberg, inventore della stampa a caratteri mobili. Dice materiale d’archivio trovato che Gutenberg quando aveva sei anni era «un biondo e pallido bambino con due grandi occhi cerulei e pensosi, e un ovale purissimo incorniciato da una folta chioma tutta riccioli ondeggiante come un taglio di grano maturo».

Quando ebbe la prima intuizione che anni dopo lo avrebbe portato all’invenzione della stampa, stava appunto tornando da uno dei suoi giochi, da corse matte in mezzo ai campi di granoturco. «Tutto ansante in un bagno di sudore» entrò in casa, mentre suo padre lo squadrava con sguardo severo e una nota di rimprovero. Il piccolo Johannes allora, non riuscendo proprio a capire cosa avesse fatto di male per meritarsi quelle occhiate sdegnose, si fermò sulla soglia, appoggiandosi con la manina ancora madida di sudore a un tavolo dove erano stese a seccare alcune pergamene manoscritte.

Da qui «il primo raggio di luce della sua grande invenzione» futura: tolta la mano, Gutenberg seienne si accorse con enorme stupore che sul palmo della mano era rimasto l’inchiostro di quelle lettere che andavano asciugandosi.

L’aneddoto, secondo la mia fonte, sarebbe proprio del Gutenberg che, da adulto, si compiaceva spesso di quell’episodio come il fulcro di una prima piccola intuizione, banale allora, ma anni dopo geniale nella sua applicazione alla nuova arte del libro stampato.

Ovviamente, al di là dell’idea (venuta davvero allora o molti anni dopo), il grosso del lavoro ancora lo aspettava: Gutenberg, che da corridore nei campi di granoturco crescendo divenne un esperto orafo, passò anni a sperimentare leghe adatte a creare i futuri caratteri da stampa. Ma anche quando il progetto era teoricamente imbastito e – cosa più importante! – finanziato, passarono altri tre anni per stampare la prima tiratura di 180 copie della famosa Bibbia a 42 linee, in un laboratorio dove lavorarono circa venti collaboratori.

Da quel 1455 ne sono passate di stampe sotto i ponti, e ora quelle 180 copie ci sembrano piccola cosa se confrontate alla prima tiratura dell’ultimo volume della saga di Harry Potter: 12 milioni di copie (di cui quasi tutte esaurite dopo appena un giorno). Ma a metà ‘400 si trattava di una cifra enorme, sconsiderata, in un’epoca in cui un copista professionista impiegava mesi o anni per confezionare un solo manoscritto, e il tempo aumentava quando non si trattava di manuali universitari ma da collezione, pregiati, fini.

Be’, se fosse vero l’aneddoto sul piccolo Gutenberg, allora è alle mani impiastricciate di un bambino (sotto lo sguardo del padre che immagino poteva soltanto inasprirsi) che dobbiamo l’inizio di una rivoluzione.

2 Comments

  1. caspiterina, che aneddoto! Non lo conoscevo, grazie per averlo narrato! Tra parentesi: vorrei tanto fare un lavoro come il tuo… Un abbraccio! 😉

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  2. Anche io non avevo mai sentito questo aneddoto… però ce ne tantii molto belli, e alcune cose rimangono molto controverse riguardo all’invenzione da cui poi Gutenberg fu estromesso attraverso vicende giudiziarie del finanziatore John Fust. Uno degli episodi più divertenti fu che proprio Fust dopo la pubblicazione della Bibbia, pensò di recarsi nel centro della cultura europea, alla Sorbona di Parigi, frequentata da 10.000 studenti, per smerciare lì le prime copie del suo libro. Ma gli amanuensi si rivelarono piuttosto ostili: “Allarmati dalla comparsa di un intruso con un simile straordinario tesoro di libri, videro che vendeva una Bibbia dopo l’altra, subito chiamarono la polizia, esprimendo la loro opinione di esperti che una simile abbondanza di libri preziosi doveva essere in possesso di un solo uomo mediante l’aiuto del diavolo in persona (solo un seguace di Satana poteva possedere una dozzina di copie dello stesso libro), e Fust dovette scappare per salvare la pelle, altrimenti il suo primo viaggio d’affari si sarebbe concluso con un pericoloso falò”.

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