Iniziamo con una premessa: lavorerò pure a Milano, abiterò pure a Sesto San Giovanni, ma io sono sabauda. Ma proprio piemontesissima, neh.
Che quando c’era da capire dove fare l’università, io Milano (che poi dista a un’ora da treno da casa mia) non l’ho neppure considerata. Io volevo la Torino dell’Einaudi, la Torino in cui ha vissuto Calvino, Levi, la Ginzburg, Pavese. Per me Torino era un miraggio di libertà, le sue librerie roccaforti di cultura, le sue strade specchio dei versi di Guido Gozzano che conoscevo a memoria.
è un essere sabauda che passa anche per i sapori. Poche cose per me sono goduriose come il tapulon, il salam d’la duja, la paniscia, la fidighina, il risotto al barolo. Ma di questi piatti meravigliosi magari vi parlerò in un post futuro, perché meritano spazio.
E questa piemontesità è una cosa che ti porti addosso, non ci puoi fare niente. Qualche mese fa, leggendo la biografia della Natalia Ginzburg, mi sono imbattuta in una simpatica scoperta. Chi di noi non ha mai giocato a 1, 2, 3 stella?
Non vi siete mai chiesti cosa volesse dire? Perché contare 1, 2, 3… e poi dire “stella”, cosa c’entra? Ecco, non si tratta di uno di quei dubbi da non dormirci la notte, ma ho sempre pensato che fosse quantomeno bizzarro.
Un’etimologia piemontese
Il gioco nasce in terra sabauda e poi, come tutte le cose belle e semplici, si diffonde con fortuna in tutta Italia. Nasce appunto in Piemonte ma come “un, due, tre, ste’ lì”. Ora sì che ha senso! Stai lì! dice il bambino girandosi per beccare qualcuno col passo in fallo. Difficile da esportare un dialettismo, più facile una storpiatura. L’etimologia è semplicissima:
1, 2, 3 ste’ lì! > 1, 2, 3 stelìn > 1, 2, 3 stella!
Non so voi, ma per me questa cosa è meravigliosa. Ho sempre adorato questo gioco da piccina, ma soprattutto da grande ho due ricordi molto belli. Uno di quando lavoravo come educatrice: iniziavo a giocarci con uno o due bambini un po’ timidi, e ci ritrovavamo in venti dopo mezzora. Il cortile pieno di bambini con le fronti sudate e le guance rossissime.
E uno di qualche anno fa, con gli amici, di notte. Abbiamo quasi trent’anni ma che importa: siamo in una strada davvero larghissima e, allora, quasi per scherzo ci mettiamo a giocare a 1, 2, 3 stella. Le persone ci guardano divertite, qualcuno si aggiunge persino. Perché si cresce in anni, ma si torna bambini in due secondi.
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non conoscevo la storia di questo gioco, grazie! ❤ Da piccolo, alle elementari, i miei compagni di classe formavano squadre di calcio per giocare nel cortile della scuola, ma io non giocavo mai con loro. Non perché non volessi, ma perché loro non volevano che mi facessi male, quindi mi ritrovavo sempre a giocare con le bambine a 1,2,3… stella!, o ad altri giochi simili… Buona giornata, e grazie ancora! ❤
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Storia simile la mia, solo che con gli altri non giocavo ai giochi con la palla perché troppo imbranata. 😉 buona giornata e grazie a te!
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buongiorno Denise! 🙂
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Da ex (o quasi ex) redattore di dizionari e enciclopedie, non posso non apprezzare chi racconta la storia delle parole, e tu lo sai fare molto bene 🙂
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Oh, grazie mille! Non penso di meritarmi il complimento, ma lo apprezzo molto. 🙂
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Bene, io apprezzo molto il tuo blog: fossero tutti così!
Penso che – con il tuo permesso, ovviamente – andrò a rovistare qua e là, certo di trovare altri articoli interessanti. Dunque non sorprenderti se, di quando in quando, troverai commenti a cose che hai pubblicato mesi fa…
Lieto di averti incontrata. Grazie e ciao 🙂
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Non solo non lo sapevo, ma non ci avevo mai riflettuto sull’etimo di questa frase
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